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L’agonismo è davvero inclusivo?

Nella nostra società, occidentale, il rigido modello binario ha escluso ogni dubbio rispetto alla netta divisione; lo ha escluso con tanta convinzione che ogni divergenza dal binario è stata sepolta nel tabù

di Antonella Bellutti

Nel linguaggio comune i termini genere e sesso sono, erroneamente, utilizzati come sinonimi sebbene non lo siano affatto. Ogni società, così come ogni epoca, definiscono i comportamenti e i ruoli che caratterizzano la mascolinità e la femminilità, partendo dalla generalizzazione per cui ogni persona nata biologicamente donna voglia, desideri, debba avere comportamenti conformi a quanto previsto. Speculare è il sillogismo per chi nasce biologicamente uomo. Il genere è un concetto sociologico. Il sesso è un concetto biologico.

La normalità vuole perciò che sesso e genere si sovrappongano armoniosamente ma senza oltrepassare i confini definiti dal rigido modello di riferimento; uno schema costituito da regole, valori, stabiliti convenzionalmente e che contempla solo due opzioni: o sei femmina e ti comporti da femmina o sei maschio e ti comporti da maschio, il cosiddetto binarismo di genere. La sfera biologica (rappresentata dal sesso) e quella culturale (rappresentata dal genere) si incontrano e si armonizzano o si dovrebbero incontrare e armonizzare in quella psicologica attraverso cui ogni individuo crea e alimenta la consapevolezza di sé. Più corretto sarebbe l’uso della forma ipotetica, poiché ciò non sempre avviene, è scontato o vale per tutta l’esistenza.

Nella nostra società, occidentale, il rigido modello binario ha escluso ogni dubbio rispetto alla netta divisione; lo ha escluso con tanta convinzione che ogni divergenza dal binario è stata sepolta nel tabù. Non è da molto che si parla di genderfluid ma ora, finalmente…