focus_2Monografia

It’s ok to not be ok

Quando lo sport non è più un gioco e, a farne le spese, è la salute mentale degli atleti: il buio attraverso le loro parole

Quando lo sport non è più un gioco, quando c’è altro, quando non se ne può più. Più se ne parla, meglio è, per abbattere l’idea di superomismo che vorrebbe indistruttibile chi fa sport di vertice, senza riflettere sulla sua individualità, sul suo passato, su come vive il contesto. Ne abbiamo parlato qui e nell’intervista con Francesca Vitali, ecco perché, ora, la parola va a chi ha deciso di esprimere il proprio disagio. Da Simone Biles (che raccontò anche le molestie subite e cosa avevano provocato nella sua psiche) a Cesare Prandelli, da Alex Schwazer a Naomi Osaka: it’s ok to not be ok, nelle loro parole.

«La maggior parte di voi mi conosce come una ragazza felice, allegra ed energica. Ma ultimamente… mi sono sentita un po’ a pezzi e più cerco di spegnere la voce nella mia testa, più forte lei urla». (Simone Biles, Twitter @Simone_Biles, 15/1/2018)

«Ero depressa. A un certo …