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Armstrong, il grande inganno

La storia dell’uomo che ha mentito, ha inquinato il ciclismo e non si è mai pentito del meticoloso e massiccio uso di doping, nonostante la cancellazione delle sette vittorie al Tour de France

Il caso di Lance Armstrong, l’uomo dei sette Tour de France consecutivi, poi revocati per doping, è emblematico sotto vari aspetti. Quello del ciclismo, quello del doping, quello della lotta al doping e quello dei media che seguono questo sport. Poi ce ne sarebbe un quinto, l’idea che lo sport, lato tifosi, appassionati, fan, sia uno strumento esclusivamente atto a sognare e quindi tutto quello che esula dal sogno e richiama a una realtà fatta di «sangue e merda» è rifiutato, inaccettabile, inammissibile. Un aspetto che riguarda quasi tutte le discipline sportive: il tifoso vuole sognare e non vuole sentire parlare di scandali, combine, truffe, altrimenti scappa dalla disciplina e dal giornalismo che la racconta. Una brutta gatta da pelare, che, purtroppo, racconta anche certo giornalismo sportivo legato, appunto, al ciclismo, soprattutto italiano, il quale non si è quasi mai occupato di doping, di sicuro mai preventivamente ma solo a scandalo scoppiato.

Armstrong è stato un ciclista ed è un personaggio che non lascia indifferenti. Tutto quello che ha vinto, il modo in cui lo ha vinto, ancora oggi, fanno guardare oltre il doping, aprono brecce lì dove lui ha eretto solamente muri: dal mancato pentimento, per esempio, alla mancata denuncia di un sistema, del quale lui è stato l’apice, la punta di diamante, risultato falso alla controprova. Eppure ad andare indietro nel tempo, ricostruendone la carriera, fin dagli albori, c’era qualcosa che doveva mettere in guardia, invece è riuscito a far credere a un’intera comunità che quei tempi e quelle vittorie fossero il frutto della sua forza fisica, della sua concentrazione mentale e del suo riscatto psicologico dal cancro. Nessuno si è posto domande, nessuno ha mai dubitato, nessuno ha mai voluto guardare dietro le quinte perché faceva comodo a tutti. Faceva comodo all’UCI, agli organizzatori del Tour de France, ai media e ai tifosi. Non c’era mai stato un ciclista come lui prima e, per fortuna, si spera dopo.

Francesco Caremani
Aretino, giornalista, comunicatore in ordine sparso. Tutto è iniziato il 19 marzo del 1994 e un giorno finirà, ma non oggi. Il giornalismo come stile di vita, in un mestiere che ha perso lo stile per strada. Qui è direttore responsabile, ma solo per anzianità.