focus_2Monografia

Chiedi chi era Graeme Obree

Non un fuoriclasse, forse un artista, di sicuro un uomo intelligente: cosa rimane della più grande sorpresa ciclistica degli ultimi trent’anni?

Dick Fosbury è morto lo scorso 12 marzo, ed è morto da immortale. Non c’è nemmeno bisogno di ricordare chi sia, perché il suo nome è diventato leggenda per un gesto che ha cambiato uno sport, nel caso di specie il salto in alto, entrando nell’immaginario collettivo anche di chi, di sport, s’interessa pochissimo. Di Fosbury e di altri Rivoluzionari in campo (tra i quali Axel Paulsen, Jean Vuarnet, Dutch Sam) scrisse il nostro Roberto Brambilla una manciata di anni fa: gente che ce l’ha fatta, che in qualche modo ha lasciato traccia per un’idea, un gesto. Ma non a tutti coloro che hanno inventato qualcosa è andata bene.

Non andò bene, per dirne una, a Tuariki Delamere, l’uomo che avrebbe potuto diventare il Fosbury del salto in lungo – con il suo salto con capriola, efficace ma poi vietato: ne ha scritto qui Nikhil Jha – ma non è riuscito nell’intento perché, in definitiva, il mondo dello sport non è incline al cambiamento, e quando un singolo, specie se privo di sponsor, utilizza il pensiero laterale e inserisce qualche novità sorprendente senza superare i limiti del lecito, non di rado bandisce la novità. Così, se Fosbury è diventato l’esempio di una rivoluzione, una trentina abbondante di anni fa le piste e le strade – ma soprattutto le piste – del ciclismo hanno visto e vissuto la breve epopea di un atleta che non era né un fenomeno né un fuoriclasse, e a dirla tutta nemmeno è mai diventato professionista, ma ha costretto il …

Lorenzo Longhi
Emiliano, ha esordito con il primo quotidiano italiano esclusivamente web nel 2001 e, da freelance, ha vestito (e smesso) casacche anche prestigiose. Di milioni di righe che ha scritto a tamburo battente gran parte è irrilevante. Il discorso cambia quando ha potuto concedersi spazi di analisi.