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L’Italia tornò

Liberato il Paese, c'era un'agibilità sportiva da ritrovare. L'Italia ci riuscì in fretta, anche grazie ad alcuni dirigenti in contraddittoria continuità tra il fascismo e la democrazia repubblicana

Se la parola sport non è entrata nella Costituzione a suo tempo, e ha dovuto aspettare a lungo per farlo, è perché i Padri costituenti, allora, avevano ben chiaro – perché lo avevano visto – quali disastri, a livello propagandistico, la visibilità e la trasversalità dello sport avrebbero potuto creare se qualcuno li avesse in qualche modo, e di nuovo, strumentalizzati per un fine politici. Se la stampa sportiva italiana si è spesso segnalata, a livello internazionale, per un’enfasi retorica (e un generale appiattimento nei confronti dei vincitori o, comunque, dei potenti di turno) esagerata, è (anche) perché il giornalismo italiano ha avuto il fascismo. Se lo sport italiano si è dovuto reinventare, dopo la Liberazione, ricreandosi una verginità e una accettabilità politica internazionale, è proprio a causa di ciò che era accaduto nel Ventennio fascista. Eppure, nonostante vent’anni di regime, già dopo l’8 settembre il vento sullo sport italiano aveva cambiato direzione, pressoché immediatamente. E, in diversi casi, con le stesse facce, ma rivolte da un’altra parte.

Certo, non parliamo qui degli Achille Starace e dei Leandro Arpinati, i principali gerarchi dello sport mussoliniano, se vogliamo definirli così, giustiziati nell’aprile del 1945 (Arpinati era stato espulso dal PNF nel 1933, e costretto al confino), ma di figure non militari, eppure in qualche modo compromesse, anche in maniera se si vuole contraddittoria, con il regime, avendo svolto importanti incarichi all’interno del CONI o delle varie federazioni sportive nazionali nel Ventennio. Quattro nomi su tutti: Alberto Bonacossa, Paolo Thaon di Revel, Giorgio Vaccaro, Ottorino Barassi e Bruno Zauli, i primi tre membri del CIO nominati in epoca fascista, il quarto e il quinto uomini di grande importanza all’interno della FIGC. Tutti, ognuno a proprio modo, cresciuti a livello dirigenziale – e ciò significa conoscenze, contatti, legami, ma anche know how – nello sport fascista, tutti riciclati nelle gerenze dello sport italiano del secondo dopoguerra. Ed è anche grazie al loro lavoro che, sebbene teorica…

Lorenzo Longhi
Emiliano, ha esordito con il primo quotidiano italiano esclusivamente web nel 2001 e, da freelance, ha vestito (e smesso) casacche anche prestigiose. Di milioni di righe che ha scritto a tamburo battente gran parte è irrilevante. Il discorso cambia quando ha potuto concedersi spazi di analisi.