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F1 avamposto della sicurezza. Fino al prossimo dramma

Sostenere che a certi aspetti si ponga rimedio solo dopo gli incidenti mortali è una semplificazione ingenerosa e sbagliata. Ma i crash test e le ricerche non potranno mai comprendere tutte le variabili

Tra prove, qualifiche, test e tutti i gran premi organizzati dal Circus, anche quelli non validi per il Mondiale, il numero di morti della Formula 1 supera abbondantemente quota cinquanta: non solo piloti, ma anche coloro che, a qualsiasi titolo – commissari, addetti alla pista, soccorritori – e che si alza ulteriormente se al dato si somma anche quello degli spettatori coinvolti. Gli elenchi non raccontano mai tutto e non rendono mai la dimensione e le specificità delle tragedie personali, ma spesso nel motorsport e negli sport automobilistici in particolare le morti in pista hanno contribuito significativamente al miglioramento della sicurezza, almeno a partire da alcuni drammi che si sono rivelati punti di svolta in quello che, da questo punto di vista, è anche un avamposto in tema di evoluzione di sistemi e dispositivi.

Cinicamente si potrebbe sostenere che a certi aspetti si pone rimedio solo quando ci scappa il morto, ma si tratterebbe di una semplificazione ingenerosa e non aderente alla realtà: simulazioni e crash test, infatti, per quanto precisi, non possono mai tenere conto dell’insieme delle variabili, anche casuali, che in un incidente possono effettivamente verificarsi. Dispositivi protettivi, nuovi materiali, aerodinamica, circuiti: nel corso dei decenni si è intervenuto su tutto, alla ricerca continua di una sicurezza che non potrà mai essere assoluta, sebbene sia corretto affermare che il progresso nelle scienze applicate al motorsport abbia prodotto un notevole incremento in questo senso, con indicativamente un paio di forti accelerazioni rintracciabili la prima a metà degli anni Novanta, a seguito dei terribili incidenti nel fine settimana del Gran Premio di San Marino a Imola fatale a Roland Ratzenberger e Ayrton Senna (e, per puro caso, non anche a Rubens Barrichello) e che provocò anch…

Lorenzo Longhi
Emiliano, ha esordito con il primo quotidiano italiano esclusivamente web nel 2001 e, da freelance, ha vestito (e smesso) casacche anche prestigiose. Di milioni di righe che ha scritto a tamburo battente gran parte è irrilevante. Il discorso cambia quando ha potuto concedersi spazi di analisi.