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Good vibrations

Nascita, ascesa e affermazione del beach volley. Uno sport che, nato in spiaggia, è riuscito a conquistare i Giochi Olimpici

California Dreamin’, cantavano i The Beach Boys. Il Pacifico, l’Ovest, il mondo delle opportunità e di una seconda, anche terza, possibilità. Tra LA e le sue spiagge sono nati, e morti, tanti miti e mode giovanili, mode che hanno fatto il giro del mondo, a volte esaurendosi altre arricchendosi. È il caso del beach volley, che da Santa Monica ha preso il volo per diventare lo sport di oggi, unico che dalla sabbia ha conquistato il palcoscenico Olimpico. Ma prima è bene ripercorrere un po’ di storia.

La pallavolo è nata nel 1895 grazie allo statunitense William G. Morgan che, secondo la vulgata, voleva creare una rielaborazione meno fisica della pallacanestro. La sua versione da spiaggia, invece, ha avuto come palcoscenico Waikiki Beach, una delle spiagge più belle delle Hawaii, a Honolulu. La prima accelerazione è avvenuta durante la Grande Depressione, negli anni Trenta del secolo scorso: un gioco economico che non richiedeva tanti soldi per essere praticato e che permetteva agli statunitensi di svagarsi. L’altra è stata causata dalla Seconda guerra mondiale, quando i militari a stelle e strisce hanno portato il beach volley in Europa, in Italia e in Russia in particolare. Come ha ricordato Eduardo Galeano in Splendori e miserie del gioco del calcio, nei Caraibi, insieme con le armi avevano esportato il baseball e se vorremmo spingerci a una battuta infelice potremmo dire che negli ultimi decenni si sono limitati a esportare solamente democrazia.

A Santa Monica, California, fu giocata la prima partita due …

Francesco Caremani
Aretino, giornalista, comunicatore in ordine sparso. Tutto è iniziato il 19 marzo del 1994 e un giorno finirà, ma non oggi. Il giornalismo come stile di vita, in un mestiere che ha perso lo stile per strada. Qui è direttore responsabile, ma solo per anzianità.