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Niente è per sempre (ed è meglio così)

Mentre il mondo guarda all’intelligenza artificiale, come possiamo pensare che blindare l’UEFA sia la soluzione?

D’accordo, bella la Coppa delle Coppe, magnifica la Champions League con le migliori squadre del continente, imprescindibili gli appuntamenti delle finali, con i riti sempre pronti a ripetersi, il consueto corollario delle speranze dei tifosi e delle narrazioni degli aedi, le liturgie che si ripetono in uno schema collaudato anno dopo anno. Belle, sì, le coppe europee del calcio sotto l’egida UEFA. Belle, sì, ma attenzione a non farne un totem incontestabile e inattaccabile. Perché niente è per sempre e, in un’ottica evolutiva, è anche meglio che sia così.

La memoria selettiva e le emozioni che la possibilità di sollevare al cielo un trofeo internazionale suscitano portano infatti troppo spesso a dimenticare che, se per un mese tra maggio e giugno siamo tutti ipnotizzati dal momento topico del calcio europeo d’élite, si tratta dello stesso calcio che per undici mesi critichiamo perché da vent’anni ormai è stato venduto al migliore offerente, dello stesso calcio i cui dirigenti (messaggi di facciata a parte) sono incapaci e in fondo poco interessati a debellare il razzismo dagli stadi, dello stesso calcio che, a margine di quelle stesse finali in campo neutro, non riesce ad arginare episodi di violenza o di pessima gestione dell’ordine pubblico, dello stesso calcio gestito da un ente privato pronto alla guerra se un altro ente privato prova a mettere le mani su un giochino che dice essere di tutti, ma ritiene, in realtà, cosa sua.

Lo sappiamo e ce ne rendiamo conto, salvo poi scioglierci quando passa l’inno calcistico più a…

Lorenzo Longhi
Emiliano, ha esordito con il primo quotidiano italiano esclusivamente web nel 2001 e, da freelance, ha vestito (e smesso) casacche anche prestigiose. Di milioni di righe che ha scritto a tamburo battente gran parte è irrilevante. Il discorso cambia quando ha potuto concedersi spazi di analisi.