Un anno. Tanto è bastato a Jannik Sinner per ribaltare una carriera che, appena dodici mesi fa, sembrava ancora incerta. Numero 17 nel ranking ATP ed eliminato ai quarti di finale dell’Australian Open da Stefanos Tsitsipas. A uno sguardo attento e specialistico i suoi difetti ricorrenti erano: un servizio poco efficace, la scarsa propensione a variare il proprio gioco, la poca incisività nei punti determinanti e la difficoltà a competere con i più forti, tanto che il russo Daniil Medvedev era la sua bestia nera.
Nel 2023 Sinner ha vinto 61 partite, 6 in più del record detenuto da Corrado Barazzutti, tra cui il suo primo Masters 1000 e la storica Coppa Davis maschile che mancava da 47 anni; 6 le finali finali perse: la prima nel 1960 e l’ultima nel 1998. Da ricordare che la squadra femminile azzurra, in questi anni Duemila, ha vinto 4 Billie Jean King Cup perdendo 2 finali, così come da ricordare sono il Roland Garros di Francesca Schiavone e l’US Open di Flavia Pennetta, rispettivamente 2010 e 2015.
Eppure nel 2022, quando si è separato da Riccardo Piatti, suo allenatore storico, nessuno lo avrebbe detto: tra sconfitte e ritiri per ricorrenti problemi fisici, L’Equipe lo aveva addirittura indicato come la delusione dell’anno; si sa, anche i più grandi sbagliano e stiamo parlando di giornali.