Maggio 2019, Jannik Sinner non ha ancora 18 anni, ha da poco vinto il Challenger di Bergamo ed è appena stato eliminato al secondo turno degli Internazionali di Roma da Stefanos Tsitsipas. Da qualche tempo i media lo stanno scoprendo quando, in un’intervista al Corriere del Veneto, un ragazzino che nel ranking Atp si trova alla posizione numero 210, ha la spalvalderia per dire testualmente, sul dorso veneto del quotidiano più letto d’Italia, che il suo obiettivo è il numero 1. L’intervista la firma Francesco Barana, brillante giornalista veronese allora 39enne, che da quel primo incontro lo ha seguito e intervistato più volte, l’ultima per Il T quotidiano, appena prima degli Australian Open, quelli della consacrazione. Proprio a Barana chiediamo di aiutarci a capire qualcosa in più di un fenomeno oggi sulla bocca di tutti, anche un po’ troppo per sentito dire. Questa non è un’intervista, ma un colloquio nel quale, per temi, è Barana a permetterci di capire qualcosa che, probabilmente, ci è sfuggito.
Voglio essere il numero 1
«Teniamo presente che da quando aveva 13-14 anni Sinner si allenava da Piatti, a volte anche come sparring di Federer e Djokovic. Jannik è stato educato e programmato, in senso positivo s’intende, a primeggiare: lui è sempre stato molto sincero e obiettivo nel dire da subito che il suo obiettivo era diventare il numero 1 e vincere tornei dello Slam. Noi, giornalisti e spettatori, siamo abituati ad atleti, penso ai calciatori, che fanno i finti umili e magari avremmo potuto pensare che un ragazzino con quell’obiettivo fosse solamente un presuntuoso. Invece no: quello era semplicemente il traguardo che si dava».
