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La persistenza della memoria

Il parossistico amarcord di Spagna ’82 chiarisce, oggi come non mai, il senso di una profezia di Giovanni Spadolini. Qualcuno ricorda i nomi dei suoi ministri?

Se per caso non ve ne siete accorti, se insomma avete vissuto gli ultimi due mesi su un altro pianeta, sono quarant’anni dalla vittoria dell’Italia al Mondiale di Spagna 1982. L’anniversario preciso della finale tra Italia e Germania Ovest sarà lunedì, l’11 luglio, ma nel frattempo ci sono stati gli amarcord dei quarant’anni della prima partita azzurra di quel Mundial contro la Polonia, i quarant’anni di quella con il Perù, i quarant’anni della prima sfida al Camerun. Poi i quarant’anni del silenzio stampa, quelli del becero gossip su Rossi e Cabrini, quelli della marcatura di Gentile su Maradona, addirittura i quarant’anni della tripletta di Pablito con il Brasile. Oggi, poi, sono i quarant’anni della semifinale contro la Polonia.

Lunedì, lo sapete: l’urlo di Tardelli, «non ci prendono più», «campioni del mondo campioni del mondo campioni del mondo», il volo di ritorno. Pertini e Bearzot, Zoff, Paolo Rossi e Martellini. L’abbiamo letta e riletta in tutte le salse, quella storia: sempre affascinante, sempre evocativa. Sempre la stessa, eppure mai si era assistito (per il ventennale né per il trentennale) a una celebrazione dell’anniversario così parossistica. Eventi vari ed eventuali per riempire serate vuote, ricostruzioni per chi l’ha visto e per chi non c’era, a quel Mundial, un cargo di parole battente bandiera tricolore, perché ne abbiamo lette, viste e sentite di ogni, dalle firme più autorevoli ai ciarlatani più abili, quelli che se le inventano tutte pur di esserci. Poi, per carità: de gustibus, tutto fa brodo, anche i narratori più improbabili, peccato solo che le logiche commerciali ingolfino il mercato con il rischio di nascondere il prodotto migliore. Quale? Scelta personale: una rassegna stampa quotidiana che g…

Lorenzo Longhi
Emiliano, ha esordito con il primo quotidiano italiano esclusivamente web nel 2001 e, da freelance, ha vestito (e smesso) casacche anche prestigiose. Di milioni di righe che ha scritto a tamburo battente gran parte è irrilevante. Il discorso cambia quando ha potuto concedersi spazi di analisi.