Monografia

Qatar 2022: top o flop?

Il Mondiale organizzato per la prima volta in Medio Oriente è stato, innanzitutto, un successo politico del Paese del Golfo, che però ha dovuto mostrarsi per ciò che è

Domani Qatar 2022 consegnerà la Coppa del Mondo alla squadra vincitrice della finale e lascerà il testimone a United 2026. In meno di un mese il calcio mondiale ha vissuto il suo, classico, check up quadriennale, una specie di esame del sangue approfondito per capire come sta, quali sono, se ci sono, le novità e dove vuole andare, non solo e non sempre dal punto di vista del gioco e del campo. Sicuramente passerà alla storia come uno dei Mondiali più discussi, un’edizione assegnata nel 2010 delle cui conseguenze in molti, troppi, si sono accorti solamente intorno a settembre, ottobre, di quest’anno; d’altra parte si sa l’indignazione, soprattutto social, ha i suoi tempi. Quello che noi – con l’ottica televisiva – qui cerchiamo di capire, invece, è dove abbia vinto e dove abbia perso il Paese del Golfo nell’organizzazione del Mondiale, se sia stato più un volano o un boomerang, con una considerazione extra calcistica. Il Qatar, oggi, è un player della politica mondiale, sia dal punto di vista geopolitico che energetico ed è stato proprio il Mondiale e il soft power sportivo a tenerlo in piedi nel periodo più difficile, 2017-2021, quando Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrain ed Egitto hanno interrotto le relazioni diplomatiche con Doha, cercando di isolarla, bloccandone confini e comunicazioni. Ed è sicuramente curioso che nel giro di pochi giorni si sia passati dalle accuse di corruzione dilagante nella FIFA al Qatargate – che potrebbe comprendere anche il Marocco con un nuovo filone d’indagine – visto che le accuse sono partite proprio dal Parlamento europeo, l’istituzione che al momento è nell’occhio del ciclone e che tra trolley pieni di contanti e attività di lobby borderline sta conoscendo il punto più basso della propria storia istituzionale. Un monito per tutti, tra difesa delle istituzioni democratiche, che necessitano procedimenti trasparenti in ogni loro fase, e realpolitik: l’Europa e il suo pensiero se da una parte sono evidentemente sotto attacco dall’altra mostrano la debolezza di un continente che, economicamente, non è più una guida globale e deve decidere come sopravvivere a questo, rendendosi più indipendente o piegandosi al volere di chi possiede soldi e materie prime. Evitando di ammantare tutto di aure rinascimentali, dato che si tratta di Paesi con evidenti deficit democratici.

Perché il Qatar ha vinto

Nel momento di maggiore difficoltà e isolamento del Qatar l’Arabia Saudita ha provato a fare l’unica cosa che lo avrebbe messo veramente al tappeto: togliergli il Mondiale, accusandolo – insieme con gli Stati Uniti – di essere una base importante per il terrorismo; argomento che, in verità, andrebbe allargato ad altri Paesi. Ma non ci è riuscita e non ci è riuscita grazie a quello che Stanis Elsborg, suPlay the Game, ha definito: reale potere politico dello sport. Senza dimenticarci che, non a caso, il Qatar attualmente ospita la più grande base militare statunitense della regione, che ha permesso l’evacuazione di civili e militari da Kabul, e la rappresentanza ufficiale dei talebani: un Paese centrale nello scacchiere mediorientale e geopoliticamente trasversale. Durante la cerimonia d’apertura Tamim bin Hamad al-Thani ha parlato a nome di tutto il mondo arabo e ha accolto gli ex nemici, da Abdel Fattah al-Sisi, presidente dell’Egitto, a Mohammed …

Francesco Caremani
Aretino, giornalista, comunicatore in ordine sparso. Tutto è iniziato il 19 marzo del 1994 e un giorno finirà, ma non oggi. Il giornalismo come stile di vita, in un mestiere che ha perso lo stile per strada. Qui è direttore responsabile, ma solo per anzianità.