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Cosa ci ha lasciato il Mondiale

La Coppa del Mondo di calcio è come un check up sulle condizioni del football: cosa ci dice Qatar 2022?

In attesa della finale possiamo fare alcune considerazioni su ciò che abbiamo visto in campo in questo mese, poco meno, di calcio. Generalmente tra bar sport e bolle social, quando si gioca una nuova Coppa del Mondo, l’idea dominante è che il calcio non sia più quello di una volta, che il Mondiale più bello è stato quello del 1982, piuttosto che l’86 o il ’90 e che dopo le cose sono andate solo peggiorando. Sicuramente ci sono stati Mondiali più brutti di altri, sia dal punto di vista tattico che tecnico e quindi dello spettacolo, ma possiamo dire che già nel 2018 si era visto dell’ottimo calcio e questa edizione è stata altrettanto significativa e divertente. Se dovessimo scegliere tre protagonisti i nostri preferiti sarebbero: Messi, il Marocco e i portieri. Il fuoriclasse argentino ha letteralmente trascinato la propria nazionale in finale, con i gol e con le sue giocate, dimostrando il suo, indiscutibile, valore nella competizione che gli è sfuggita di mano otto anni fa. Discutere Messi, come CR7, è sempre ridicolo, stiamo parlando dei giocatori più forti della propria generazione e se l’argentino vincerà il Mondiale il più forte sarà lui: perché nel calcio il talento senza le vittorie è freestyle. Evitiamo però i paragoni con Maradona, tempi diversi, regole arbitrali diverse: per questo motivo non esiste e non esisterà mai il calciatore o la squadra più forte di tutti i tempi, ci sono generazioni e dentro queste i migliori.

Parlare di novità tattiche, poi, in un calcio che rimastica continuamente sé stesso è quanto mai difficile – rileggersi la storia delle tattiche di Carlo F. Chiesa sugli arretrati di Calcio2000 –, diciamo che il gioco di posizione, con il portiere che partecipa all’azione e un possesso palla prolungato, rimane la stella polare di chi vuole imporsi sugli avversari. Un gioco che il Marocco, per esempio, ha saputo scardinare con una solida compattezza difensiva e uno studio scientifico del piano gara, uscendo con azioni di rimessa in velocità, come ha fatto pure l’Argentina contro la Croazia, lasciandole il pallino del gioco e colpendola con un impressionante uno-due; Marocco che, nella semifinale contro la Francia, andando subito in svantaggio, è stato bravo, quanto sfortunato, ad adattarsi alla situazione cercando di recuperare, senza mai dimenticare i cardini della propria filosofia. In questi ragionamenti, però, rischiamo di dimenticarci, restando alle quattro semifinaliste, il talento dei vari Messi, Mbappé, Mo…

Francesco Caremani
Aretino, giornalista, comunicatore in ordine sparso. Tutto è iniziato il 19 marzo del 1994 e un giorno finirà, ma non oggi. Il giornalismo come stile di vita, in un mestiere che ha perso lo stile per strada. Qui è direttore responsabile, ma solo per anzianità.