Monografia

Impegno

Cosa chiediamo ai campioni dello sport quando li tiriamo per la giacchetta in tema di diritti? E di cosa hanno paura le istituzioni sportive?

In fondo siamo questi, quelli sempre legati al risultato. Quelli che applaudono i calciatori della nazionale di calcio tedesca per essersi messi la mano davanti alla bocca, a rappresentare la censura della FIFA in merito alla campagna One Love, salvo poi prenderli in giro per essere stati eliminati ai gironi del Mondiale, mettendoci la mano sulla bocca in segno di sfottò. Un modo, quest’ultimo, per ridicolizzare un gesto che, se la Germania avesse poi vinto la Coppa del Mondo, magari sarebbe stato considerato alla stregua – forse non esattamente così, ma ci siamo capiti – del pugno guantato di Smith e Carlos a Messico 1968, mentre al contrario, a causa dello svuotamento di significato effettuato da alcuni, passa quasi per qualcosa di cui non andare fieri. Siamo messi così.

Siamo messi così, e allora a questo punto varrebbe la pena domandarsi che cosa chiediamo realmente agli sportivi quando li tiriamo per la giacchetta in tema di diritti, quando chiediamo loro di prendere posizione e, soprattutto, di fatto pretendiamo che la posizione sia quella stessa che abbiamo anche noi. Il tema è serio e piuttosto complesso, anche perché effettivamente certi sportivi hanno una visibilità planetaria – con tutto ciò che questa implica – e nessuno più di loro spesso può inviare messaggi capaci di raggiungere un pubblico particolarmente vasto e trasversale, ma quando accade spesso l’effetto non viene considerato sufficiente o soddisfacente. Ciò spiega, magari, anche il motivo per il quale generalmente gli atleti preferiscono non prendere posizione.

La scorsa settimana, durante un dialogo con lo storico dello sport Nicola Sbetti nell’ambito della rassegna Campo Aperto a Milano, accennando al tema il giornalista Angelo Carotenuto, curatore di Lo Slalom, ha sottol…

Lorenzo Longhi
Emiliano, ha esordito con il primo quotidiano italiano esclusivamente web nel 2001 e, da freelance, ha vestito (e smesso) casacche anche prestigiose. Di milioni di righe che ha scritto a tamburo battente gran parte è irrilevante. Il discorso cambia quando ha potuto concedersi spazi di analisi.