Monografia

2032 buone ragioni

Per augurarsi che tra nove anni l’Europeo si giochi in Italia. O per perorare la causa del no, nella fiera dell’Incompiuto a cielo aperto

Bari, Bologna, Cagliari, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Verona: sono le undici città che l’Italia propone oggi come sedi delle partite dell’Europeo 2032, progetto dallo scorso 8 marzo appoggiato anche dal Senato, con una risoluzione – relatore Ettore Melchiorre di Fratell’ d’Italia – della 7^ Commissione permanente (Cultura e patrimonio culturale, istruzione pubblica, ricerca scientifica, spettacolo e sport) che impegna il governo a sostenere il processo di candidatura che la FIGC dovrà completare inviando alla UEFA il final bid dossier entro il 12 aprile.

Il Senato impegna il governo, si legge, a fornire “il necessario supporto per il miglioramento delle infrastrutture sportive nell’ambito di progetti di rigenerazione urbana, senza consumo di nuovo territorio, anche attraverso la configurazione di strumenti che favoriscano lo stanziamento e/o il reperimento di idonee risorse finanziarie, pubbliche e private e individuando procedure che assicurano il completamento degli interventi nei tempi richiesti dalla UEFA, anche attraverso una centralizzazione e una semplificazione delle stesse procedure, mutuando modalità già adottate in occasione di progetti e/o eventi ritenuti di interesse nazionale”. Per carità, è formalismo burocratese, ma anche al solo leggere queste frasi, dati i precedenti, un cittadino italiano avrebbe tutti i motivi per rabbrividire, anche chi, sportivo, i grandi eventi li vorrebbe in casa.

Lorenzo Longhi
Emiliano, ha esordito con il primo quotidiano italiano esclusivamente web nel 2001 e, da freelance, ha vestito (e smesso) casacche anche prestigiose. Di milioni di righe che ha scritto a tamburo battente gran parte è irrilevante. Il discorso cambia quando ha potuto concedersi spazi di analisi.