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Maradonicidio

Per il Napoli si tratta del primo grande trionfo senza l’idolo argentino. E così il club e i suoi tifosi sono diventati adulti

Nella bacheca del Napoli, per quanto riguarda i trofei maggiori, i primi sono la Coppa Italia del 1962 e quella del 1976, vinte rispettivamente 61 e 47 anni fa. Vittorie sostanzialmente sconosciute ai tifosi non napoletani, a meno di non essere sostenitori della Spal e del Verona che persero quelle due finali, e in fondo chissà quanti sono gli appassionati più giovani, diciamo dai quarant’anni in giù, anche tra gli stessi simpatizzanti del Napoli, quelli che magari di quei successi ricordano, se non il percorso e le finali, almeno il nome degli allenatori o le vicissitudini dei calciatori dell’epoca, quelli che insomma possono andare oltre il nozionismo. Di Pesaola probabilmente qualcosa sanno, di Corelli (core ‘ngratissimo per la Spal) e di Ronzon forse, ma poco probabilmente del modenese Ugo Tomeazzi e del brindisino La Palma, qualcosa di più di Gedeone Carmignani, di Savoldi e Bruscolotti sicuramente, di un altro modenese, Braglia, chissà. Dal Napoli di Maradona, invece, non possono che sapere tutto, e ci mancherebbe altro.

Storia, iconografia, vita, morte, miracoli. Maradona a Napoli ha segnato il tempo, ma l’ha anche fermato. Cosa abbia rappresentato l’idolo argentino per la città e per chi vi è nato e la vive è noto ovunque, e nondimeno si tratta di un’eredità che si trova dappertutto, materiale e immateriale, in forma scritta e in tradizione orale, vera o verosimile, poco importa: conta che ci siano stati, quegli anni di riscatto sociale, e anche i racconti apocrifi vanno bene. Perché Maradona è stato Napoli e Napoli è stata Maradona, in una comunione che non ha paragoni nel calcio italiano.

Poi, però, bisogna anche crescere, ed è ciò che, in una certa misura, l’ingombrante e immanente figura di Maradona ha impedito di fare al Napoli negli ultimi trent’anni. Liberarsi della sua luce accecante, totalizzante. Ucciderlo metaforicamente, una sorta di uccisione del padre alla quale hanno contribuito Osimhen e Kvaratskhelia, Spalletti e Giuntoli, Mario Rui e Kim, tutti personaggi che con Napoli e il Napoli hanno un rapp…

Lorenzo Longhi
Emiliano, ha esordito con il primo quotidiano italiano esclusivamente web nel 2001 e, da freelance, ha vestito (e smesso) casacche anche prestigiose. Di milioni di righe che ha scritto a tamburo battente gran parte è irrilevante. Il discorso cambia quando ha potuto concedersi spazi di analisi.