Tackle

Tutti i colori dei numeri 1

La divisa dei portieri, una volta nera, ha avuto un’evoluzione armocromica: dal grigio di Zoff al giallo e blu del belga Preud’homme

di Nicola Calzaretta

“Un portiere non è un portiere se non cura la divisa”. Così la pensava Vladimiro Caminiti. Un numero uno che potesse dirsi tale, secondo il popolare Camin, doveva mostrare di essere degno del privilegio solo a lui concesso (quello dell’uso delle mani) non solo volando da palo a palo – essendo provvisto di ali invisibili sotto le scapole (cit.) – ma già nel momento della scelta dell’abito, un dovere sacrale. La divisa, dunque. Non solo la maglia, ma anche pantaloncini e calzettoni, cappelli e ginocchiere, per non parlare di eventuali cinture e cavigliere. Un corredo completo che nel corso del tempo ha perso alcuni dei suoi orpelli per aggiungerne altri, i guanti prima di tutto.

Giampiero Combi è stato il portiere che Caminiti ha forse amato di più. Bravo, coraggioso, volante. Ma soprattutto elegante. Maglione quasi sempre bianco con ampio e doppio girocollo nero (che pare cambiasse durante l’intervallo), pantaloncini neri che lambivano il ginocchio e che erano sorretti da una cintura; ginocchiere in bella vista, calzettoni neri con due righe bianche e cavigliere che spiccavano al di sopra delle scarpette. Lucidio Sentimenti IV detto CochiRoberto AnzolinDino Zoff, e perfino l’eterno dodicesimo Luciano Bodini, gli altri estremi ammirati da Camin nel corso degli anni, per la cura della loro divisa, prima nera e poi grigia. Sincera avversione per chi, ai suoi occhi, si copriva di troppi colori. Michel Preud’homme, il numero uno della Nazionale belga a Italia ’90 fu …