di Nicola Calzaretta
I portieri sono originali in tutto. Anche quando sono protagonisti del mercato. Il movimento di uno, scatena quello che viene da sempre definito, il “valzer dei portieri”, un fenomeno che ha caratterizzato molte estati al Gallia e negli altri luoghi sacri deputati alla compravendita dei calciatori. Tanti i nomi di chi ha partecipato – magari controvoglia – al balletto. Tra questi, anche i big del ruolo, spesso “oggetto” di scambi (ma con l’aggiunta di sostanziosi conguagli). Dino Zoff e Claudio Bandoni si sono incrociati sulla tratta Mantova-Napoli nel 1967 (Zoff cinque anni dopo risalì fino a Torino sponda Juve per dare il cinque a Pietro Carmignani che fece il percorso inverso). Nel 1974 il cagliaritano Enrico Albertosi scambiò la sua maglia con quella del milanista Villiam Vecchi. Negli anni ’90 (1994 per la precisione) furono Walter Zenga (Inter) e Gianluca Pagliuca (Sampdoria) a passarsi il testimone, per la gioia di quest’ultimo e il sano rodimento dell’Uomo Ragno.
Nel frattempo, 1981, erano state riaperte le frontiere. Ma la caccia allo straniero non aveva avuto certo come preda un portiere. Erano gli attaccanti i target più ambiti, a seguire i centrocampisti, meglio se con vocazione offensiva. Anche i difensori, ma con parsimonia. I portieri, no, per favore. Tutto questo fino al 1990, quando il neopromosso Parma, a un certo punto, annuncia urbi et orbi, l’ingaggio di Claudio André Taffarel, 24 anni, estremo difensore dell’Internacional di Porto Alegre e della nazionale brasiliana. I dubbi e le domande si rincorrono. Un portiere? Ma se da noi c’è la miglior scuola di numeri uno? Comprare un portiere straniero sa di spreco, di soldi buttati via, di colpo a vuoto (i posti disponibili sono “solo” tre). E poi, di dove è questo fenomeno? Brasiliano? Ma dai. Non c’è distanza maggiore tra il Brasile e il ruolo di portiere. Laggiù non hanno tradizione, non c’è la vocazione. Non gliene importa nulla della difesa, figuriamoci di chi deve stare in porta. Sulle …