Un pellegrinaggio, dove alla fine però non c’è alcuna grazia. Le ultime stagioni del Torino assomigliano a un viaggio che a un tratto non ha più un significato. Per i tifosi (e non solo) la responsabilità è di Urbano Cairo.
Il salvatore L’estate 2005, per chiunque sia tifoso o simpatizzante granata, è ricordata come la più drammatica di sempre, sportivamente parlando. Prima la promozione in Serie A nel doppio spareggio con il Perugia, poi le indagini che scoprirono gravi inadempienze da parte della dirigenza del Torino e portarono alla mancata iscrizione alla Serie B. Il primo fallimento della storia granata fu mitigato dal Lodo Petrucci che permise a una nuova società, fondata da Sergio Rodda, presidente dell’Associazione della Media e Piccola Impresa di Torino, e dall’avvocato Pierluigi Marengo, di iscriversi al campionato di B. Furono le settimane delle indiscrezioni, della presidenza di Luca Giovannone e della comparsa sulla scena di Urbano Cairo. Il quale, rispetto ai nomi che uscivano quasi quotidianamente, sembrava essere il più danaroso ma soprattutto il più concreto (famose le sue dichiarazioni pragmatiche alla stampa) tanto che in molti, a partire dalle autorità locali, spinsero per il suo acquist…