Andrea Lorentini oggi è un collega, un giornalista sportivo. Figlio di Roberto, una delle vittime dell’Heysel e medaglia d’argento al valore civile per essere morto tentando di salvare un connazionale, e nipote di Otello, il quale fondò l’Associazione tra le famiglie delle vittime di Bruxelles per affrontare il processo e ottenere giustizia dopo la strage dell’Heysel.
Con lui, in questi anni, abbiamo fatto una parte di cammino insieme all’insegna della memoria, della decostruzione del ‘nemico’ nello sport e nella costruzione di una cultura non violenta nella pratica e nella fruizione sportiva, come protagonisti e come testimoni.
Nel 2015 ha rifondato l’Associazione fra i Familiari delle Vittime dell’Heysel per più motivi. Difendere la memoria dei propri cari, troppo spesso offesi e vilipesi negli stadi e sui social media. Portare avanti progetti contro la violenza nello sport in scuole e università. Organizzare convegni, momenti di riflessione, giornate intorno al 29 maggio 1985 e alla strage dell’Heysel.
Da quando, nel 2014, è morto Otello, e con lui negli anni molti dei testimoni oculari di quel drammatico pre partita, prima della finale di Coppa dei Campioni Juventus-Liverpool, Andrea ne ha raccolto il testimone della memoria, un’eredità pesante che ha saputo portare avanti con fermezza e grande pragmatismo, perché Andrea non si è mai fatto affascinare dalla retorica con cui troppo frequentemente in Italia si affronta la narrazione di vicende come quella dell’Heysel, spesso in malafede. Un’eredità che ha saputo seminare e della quale sta raccogliendo, dopo una decina di anni, i frutti maturi.