Monografia

Milano-Cortina, Giochi a lievitazione naturale. Dei costi

Gli emendamenti nella Legge di bilancio, la rivalutazione dell'investimento rispetto ai dati del bidbook, i primi sprechi: verso un'Olimpiade all'italiana

Il 24 giugno 2019 era meno di tre anni fa, eppure sembra sia passato un decennio da allora. Il 24 giugno 2019 a Losanna gli 82 delegato del Cio assegnavano alla candidatura congiunta Milano-Cortina la XXV edizione dei Giochi Olimpici invernali, al termine di un processo di selezione segnato dalle defezioni: una dopo l’altra si erano defilate Graz, Erzurum, Sapporo, Sion e Calgary, e Milano-Cortina (binomio che, rispetto all’ipotesi iniziale, aveva già perso Torino per motivi politici) vinse sulla candidatura svedese Stoccolma-Åre per 47 voti a 34, quando ne sarebbero stati sufficienti 42. Ecco: in meno di tre anni il mondo ha dovuto affrontare una pandemia – peraltro ancora non conclusa – e recentemente l’Europa ha riscoperto che la guerra, le sue conseguenze economiche e la minaccia nucleare non sono solo scenari da romanzo apocalittico, considerando pure che quasi ci si è dimenticati come, in realtà, alcune zone la guerra l’hanno vissuta in modo drammatico in tempi nemmeno lontani.

Il preambolo, in tutto  questo, serve a due constatazioni. La prima è che il dossier presentato allora per il processo di candidatura (lo si può trovare a questo link) inevitabilmente non può essere considerato inderogabile, considerando ciò che è accaduto nel frattempo. La seconda è che proprio quella del Covid sarà la scusa che verrà utilizzata quando l’Italia si renderà conto che, come prevedibile, le spese per i Giochi Olimpici lieviteranno più del dovuto: la giustificazione è già impacchettata e infiocchettata e, se è vero che nessuno è così folle da negare che la pandemia – anche per il solo fatto di essere, appunto, una pandemia – costringerà a modificare progetti e percorsi, è altresì vero che quando si parla di investimenti e grandi eventi la storia econom…

Lorenzo Longhi
Emiliano, ha esordito con il primo quotidiano italiano esclusivamente web nel 2001 e, da freelance, ha vestito (e smesso) casacche anche prestigiose. Di milioni di righe che ha scritto a tamburo battente gran parte è irrilevante. Il discorso cambia quando ha potuto concedersi spazi di analisi.