Azzurro tenebra. Lo ha scritto ormai 45 anni fa qualcuno molto più capace di noi, in un’epoca anche calcistica diversa, al seguito di una Nazionale che a un Mondiale (quello del 1974) partecipò ma non fece una grande figura. Il titolo del romanzo di Giovanni Arpino è oggi più che mai attuale ed evocativo, a maggior ragione perché quanto accaduto giovedì sera a Palermo, con l’Italia sconfitta dalla Macedonia del Nord, priverà la Nazionale e i suoi tifosi del secondo Mondiale di fila, raddoppiando il buco nella lista delle partecipazioni: nel 2022 in Qatar come nel 2018 in Russia, l’Italia non ci sarà.
Sarebbe facile, ora, lasciarsi prendere dall’isteria dei social dei commentatori in servizio permanente effettivo – virologi prima, esperti di relazioni internazionali ieri, analisti calcistici oggi – il cui obiettivo è azzannare per primi il cadavere, ma in realtà per riordinare le idee basta poco, se si ha un minimo di equilibrio. Equilibrio significa valutare più di un aspetto, al di là del risultato finale, e in questo senso magari rendersi conto che l’eliminazione odierna non nasce dal vuoto, ma ha una sua logica che passa per paradosso anche attraverso la formidabile vittoria della scorsa estate all’Europeo. L’Italia vinse meritatamente, vinse da squadra perché psicologicamente più forte di tutte pur non essendo la migliore in termini di qualità, vinse perché giocò bene senza alcuna pressione e perché – il calcio è così – gli episodi, leggasi rigori, le dissero bene. Quel successo è stato però assolutizzato dall’intero movimento, a partire dal presidente fe…
