Nessuno può pensarsi al riparo, nessuno può essere sicuro di scampare alla malattia. Può accadere e può accadere a tutti; accade a volte anche ai grandi atleti, ai protagonisti dello sport, e quando succede le loro storie travalicano le rivalità e iniziano a diventare storie di tutti. Perché tifare per chi è malato è una condizione di umanità, o almeno dovrebbe, e viene facile farlo quando ad essere colpite sono persone famose, le cui esistenze in qualche modo fanno parte anche delle nostre vite, sebbene da lontano e senza nemmeno conoscerle. Ma c’è un però: i campioni di livello nazionale e internazionale soprattutto spesso possono permettersi le cure migliori, le più costose, aspetto tutt’altro che scontato per le persone comuni che vengono a trovarsi nella medesima situazione.
Ecco, il punto è questo: sebbene sia orribile dirlo, la realtà è che non tutti davanti alla malattia sono realmente uguali ed ecco allora che, se le storie di recupero e guarigione delle celebrità possono rappresentare una solidissima fonte di ispirazione, ancora di più la motivazione arriva quando i protagonisti di certe vicende sono persone ordinarie, quelle della porta accanto. Perché, banalmente, l’ispirazione si deve cogliere da qualsiasi parte arrivi, ma è più facile riconoscersi in chi ci è più prossimo, in chi ha una vita più simile alle nostre, fatte di famiglia, amicizie, routine consolidate e mestieri tutto sommato comuni. Ciò che è riassumibile in un “se ce l’ha fatta lui, o lei, posso farcela anch’io”, ed è di frequente la molla giusta per ricominciare nei momenti più difficili. Chi ci è passato sa bene quanto l’esempio possa contare.