Tackle

La prospettiva tecno-strategica

È arrivato il momento di lasciare indietro il ‘calcio logico’ per ricominciare con il ‘calcio fantasioso’

di Guglielmo De Feis

Almeno due volte negli ultimi cinquant’anni il calcio ha vissuto una sua deriva strettamente atletica. Il calcio totale olandese degli anni Settanta – con l’introduzione del concetto di prestanza atletica imprescindibile – e il calcio robotizzato della Dinamo Kiev degli anni Ottanta, con la corsa di tutti i calciatori di movimento e non più solo di alcuni specialisti, impressero una prima importante svolta atletica universale a uno sport che, fino a quel momento, era basato su stili di gioco diversi più per provenienza culturale che per scelta degli allenatori.

Una seconda svolta in senso atletico fu data dal micidiale e organizzatissimo calcio del Milan dei primi anni Novanta. La tattica del fuorigioco – esasperata al massimo e precisa nei minimi dettagli – costrinse le squadre che volevano competere a strutturarsi con centrocampisti che sapessero anticipare di trenta-quaranta metri la forza di contrasto dei difensori. Fu quella, infatti, l’epoca dei centrocampisti alla Desailly e Vieira – che esautorarono gli eleganti registi alla Vincenzo Scifo – oppure quella dei numeri dieci, come Baggio e Zola, costretti a riciclarsi nei ruoli di seconda punta o di esterno di centrocampo, nel consueto schema del 4-4-2.

Solo la strabiliante e innovativa maniera di giocare del Barcellona di Pep Guardiola, negli anni Duemila, ha riportato la tecnica al centro del modo di giocare, ribaltando nuovamente la prospettiva calcistica dalla quale osservare la bravura dei calciatori.