Monografia

Tre finaliste non fanno primavera

Inter, Roma e Fiorentina hanno meritato le rispettive finali europee, ma il calcio italiano resta indebitato, governato male e con stadi frutto dello scempio di Italia ’90

Tre squadre italiane nelle tre finali delle coppe europee. Non accadeva dal 1994 e anche in quel caso c’era l’Inter, che vinse l’Uefa contro il Salisburgo. Cinque nelle semifinali con cinque allenatori italiani presenti. Numeri che sanciscono la rinascita del calcio italiano? No. Questo resta indebitato, con una giustizia sportiva che non si è aggiornata ed è inadeguata per uno sport che si è industrializzato, con governance, a tutti i livelli, imbarazzanti sia sotto l’aspetto finanziario che umano, con stadi lontani anni luce da quelli che ammiriamo ogni volta che andiamo in trasferta, con un movimento che fatica a far crescere i giovani e una Nazionale che ha mancato la qualificazione agli ultimi due Mondiali.

Eppure il calcio italiano è sempre stato questo, concentrato sui risultati, ottenuti quando gli altri meno se lo aspettavano, dopo avere toccato il fondo. È accaduto nel 1982 con il Mondiale dopo lo scandalo del totonero di due anni prima. È risuccesso nel 2006 in piena Calciopoli. Più che un sistema calcio, fatto anche di tante cose, di campo, buone, quello italiano è parso un movimento costruito su azione e reazione, che ha tirato fuori il meglio uscendo dal fango, e non stiamo parlando di quello dei campi.

Ridateci la Coppa delle Coppe