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L’incesto tra calcio, politica e propaganda

Berlusconi, in questo senso, non ha inventato nulla. Ma ha contribuito, almeno in Italia, alla degenerazione del fenomeno

L’intreccio tra calcio, politica e propaganda in Italia non l’ha inventato lui. Il rapporto incestuoso nacque ben prima della discesa in campo di Silvio Berlusconi, sebbene già la terminologia utilizzata («Ho scelto di scendere in campo e di occuparmi della cosa pubblica», e ancora «il movimento politico che vi propongo si chiama, non a caso, Forza Italia») indicasse un cambio di passo. Accadeva già nel corso della Prima Repubblica, ma in fondo gli ancor più interconnessi e propagandistici miscugli della Seconda Repubblica possono essere considerati, in una particolare teoria dell’anaciclosi, degenerazioni delle prime e più rudimentali forme di consenso pedatorio-politico.

Marzo 1994, tre mesi dopo il videomessaggio a reti unificate con cui Berlusconi annunciava l’ingresso in politica («L’Italia è il Paese che amo…»), le liste per le elezioni sono complete. Camera, circoscrizione Lazio 1, collegio Roma 1 (Roma centro): Silvio Berlusconi è il candidato del Polo del Buon Governo, e “deve” entrare in Parlamento. L’altro campo, quello dei Progressisti, schiera Luigi Spaventa, classe 1934, corrente ministro del Bilancio e della Programmazione economica del governo Ciampi. Economista illustre, certo, ma grigio burocrate dal volto in fondo ben poco conosciuto dal popolo. Berlusconi sa di avere la vittoria in mano: l’immaginario collettivo è tutto con lui, del resto l’ha plasmato negli anni a livello culturale con le sue televisioni e con l’aura di vincente che solo il calcio poteva dargli.

Questo Spaventa vinca gli scudetti e le Coppe dei Campioni che ho vinto io e ne riparliamo.

Lorenzo Longhi
Emiliano, ha esordito con il primo quotidiano italiano esclusivamente web nel 2001 e, da freelance, ha vestito (e smesso) casacche anche prestigiose. Di milioni di righe che ha scritto a tamburo battente gran parte è irrilevante. Il discorso cambia quando ha potuto concedersi spazi di analisi.