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Il senso di Dražen Petrović, 30 anni dopo

È stato il primo giocatore a essersi guadagnato il rispetto da parte dei campioni USA: lo ha fatto con il talento, con la dedizione e con un’ossessione unica nei confronti del basket

di Roberto Gennari
Lo sappiamo fin troppo bene: il trentesimo anniversario della morte di Dražen Petrović era il 7 giugno – e ne hanno parlato anche testate c.d. generaliste, come Il Post, ma la ricorrenza è di quelle così importanti da dover essere celebrate degnamente, al di là della data, e il 7 giugno eravamo nel bel mezzo delle finali NBA. E comunque, non è tanto l’anniversario in sé a meritare l’ovvia celebrazione, quanto piuttosto la figura di Petrović in quanto pioniere di una NBA che sì, probabilmente sarebbe stata la stessa anche senza di lui, ma chissà in quanto tempo.

L’aneddotica su Dražen, che Enrico Campana della Gazzetta dello Sport aveva soprannominato “Il Mozart dei canestri” è ricchissima, e ben raccontata in questo lungo articolo de La Giornata Tipo.

La cosa però che ci preme sottolineare, più dei record e dei traguardi tagliati nei due lati dell’Oceano Atlantico, è che Dražen Petrović ha cambiato un paradigma, in NBA, e questo ha fatto di lui un apripista: non è azzardato sostenere che ci sia una NBA prima di lui e una dopo di lui.

In che cosa è stato capace di farlo?

Semplice, col senno di poi: è stato il primo giocatore a essersi guadagnato il rispetto da parte dei campioni USA. Lo ha fatto con il talento, con la dedizione, con un’ossessione nei confronti del basket che dopo di lui è stato possibile vedere solo in Kobe Bryant, passando dall’essere il più forte di tutti (in Europa, do…