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Caitlin Clark, come provare ad abbattere il gender pay gap a suon di canestri (e assist)

Il salario medio di un giocatore NBA è oltre 90 volte più alto di quello di una giocatrice WNBA, una disparità che negli ultimi anni si è addirittura acuita

di Roberto Gennari

È la notte tra il 15 e il 16 febbraio in Italia. Nei media americani, la partita più attesa non è né di football americano, né di NBA. È la partita di basket collegiale tra Michigan e Iowa. Tutti gli States si fermano per vedere lei: Caitlin Clark, anni 22, da West Des Moines, Iowa, di madre siciliana, giocatrice di basket di 1.80 che sta riscrivendo i libri dei record del basket NCAA. Le mancano 8 punti per diventare la miglior realizzatrice di sempre nel basket universitario femminile. Quando la partita è iniziata da poco più di due minuti, è a quota 5. Su un tiro sbagliato di un’avversaria, Gabbie Marshall è la più veloce di tutte ad afferrare il rimbalzo lungo. Consegna la palla a Caitlin, che supera la metà campo e da non meno di 9 metri dal canestro arresta il palleggio e, quando il cronometro segna 7:44 dalla fine del primo quarto, scaglia una tripla che va dentro senza praticamente toccare il ferro. Chiuderà la partita a quota 49. Il 3 marzo, poi, la partita contro Ohio State, sulla carta più forte. Quella per superare “Pistol” Pete Maravich, e diventare la numero uno del basket NCAA in tutti i sensi. Chiude a quota 35, e i punti per battere il record arrivano dalla lunetta dei tiri liberi. Clark è già una celebrità oltreoceano, ha già firmato contratti di sponsorizzazione ancor prima di approdare in WNBA, tra cui uno con la Panini, e – dettaglio tutt’altro che secondario, non guida il basket collegiale femminile solo alla voce “punti a partita” (31.9, e sono 28.4 quelli di media nei suoi quattro anni universitari), ma anche in quella “assist a partita” (8.9, con la seconda in graduatoria che è a 7.3). Una giocatrice, insomma, offensivamente totale, che ha già meritato i complimenti di una leggenda vivente come Steph Curry, e che se possibile ci fa capire in modo ancora più vivido quanto grande sia lo scarto tra sport maschile e femminile dalle nostre parti. Clark firma contratti, ha la homepage di ESPN per sé, mentre da noi si fatica ancora a riconoscere lo status di sportive professioniste (ad esempio, nel basket non c’è neanche per le giocatrici di Serie A).

Ma quello della giovane guardia di Iowa University non è certo un caso isolato: si pensi per esempio al recente All-Star Game della NBA. A parte essere ricordato come quello con la partita più brutta di sempre, a parte la (seconda) presenza di Gimbo Tamberi al Celebrity Game, a parte una gara delle schiacciate dove tutti hanno fatto un po’ le stesse cose e dove a vincere è stato uno che definire giocatore NBA è quantomeno una forzatura, l’evento più atteso da molti appassionati era la sfida al tiro da tre punti tra Steph Curry, recordman di ogni epoca per canestri segnati da oltre l’arco, e Sabrina Ionescu, giocatrice delle New York Liberty che la scorsa estate, durante l’All-Star Game della WNBA, aveva polverizzato il record di punti segnati in una manche del 3-point contest, realizzandone 37 su un massimo di 40, ovvero segnando 25 canestri da 3 su 27 tiri in un minuto. Tanto per dare un par…