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Una questione di soldi

Cosa ci dice il presente delle italiane in coppa, da sempre e in moltissimi sport vera cartina al tornasole per valutare la competitività di un campionato nazionale?

di Roberto Gennari

In fondo, è sempre una questione di soldi. Discorso fatto e rifatto, trito e ritrito quanto volete, ma nello sport professionistico questo è un fattore che, pur con tutta la buona volontà, non può essere ignorato e muove pedine sulle scacchiere e sposta equilibri che parevano immutabili. In questo contesto si muove il calcio, ma anche tutti gli altri sport di squadra, che ci piaccia o meno, basket incluso.

Se negli anni ’70 e ’80 del secolo scorso, infatti, alcune stelle del basket USA (in alcuni casi anche di prima grandezza, tipo Bob McAdoo, giusto per fare il primo nome che ci viene in mente) decidevano di lasciare la NBA e venire a giocare oltreoceano, non era certo per la cucina o per farsi un’esperienza tutto sommato esotica, ma anche per il fatto che, tirando una linea in fondo alla voce “entrate”, giocare in Europa diventava perfino più remunerativo che negli States.

Ed ecco allora che in Italia abbiamo visto 10 finali consecutive di Eurolega (allora si chiamava ancora Coppa dei Campioni, analogamente a quella del calcio), tutte griffate Varese, di cui 5 vinte. A onor del vero, già l’Olimpia Milano aveva mostrato la strada, con le due finali consecutive nel 1966 (vinta) e 1967 (persa), quindi possiamo dire che il trend positivo ha avuto inizio lì. …