Monografia

51.151 (and counting)

Una prova solitaria, alienante, un limite obiettivo, intuitivo, lapidario. Perché il record dell'ora nel ciclismo è troppo umano. E troppo italiano

Una battuta surreale, e per questo piuttosto divertente. Prima di diventare una presenza quotidiana sulla Gazzetta dello Sport con il suo Rompipallone – parere personale non richiesto: c’è da 18 anni, ne sarebbero bastati cinque –, in tutti i suoi spettacoli (tutti forse no, almeno quelli, e non sono pochi, che ha visto che scrive), Gene Gnocchi portava sul palco una battuta a carattere sportivo che, inevitabilmente, scatenava la risata del pubblico. Prevista e prevedibile la risata, brillante la battuta perché dentro c’era tutto: un protagonista sfortunato, l’accenno a un luogo tradizionalmente e stereotipicamente considerato depresso, una possibile vittoria in una competizione sportiva epica, il finale inatteso perché, appunto, surreale.

Conosco un ciclista di Rovigo così sfortunato che quando stava per battere il record dell’ora di Francesco Moser, è scattata l’ora legale.

Siccome questa monografia è dedicata ai muri sportivi da abbattere, va da sé che il record dell’ora del ciclismo – lo definiamo così, ma in maniera imprecisa: poi spiegheremo il perché – ne è probabilmente il paradigma. E in Italia, del resto, la lunghissima eco del celeberrimo record di Moser ha contribuito a reiterare il mito dell’ora anche in chi Moser, in pista, non l’ha visto mai, e non a caso 51,151 è uno dei numeri iconici dello sport italiano, cosdì come il 19,72 di Mennea sui 200 metri, anche se, nel frattempo, entrambi sono stati abbondantemente superati, pur avendo resistito a lungo. Peraltro proprio questo 2024 ha segnato un anniversario tondo, quello dei quarant’anni di quell’impresa, e infatti lo scorso gennaio abbiamo potuto legge…

Lorenzo Longhi
Emiliano, ha esordito con il primo quotidiano italiano esclusivamente web nel 2001 e, da freelance, ha vestito (e smesso) casacche anche prestigiose. Di milioni di righe che ha scritto a tamburo battente gran parte è irrilevante. Il discorso cambia quando ha potuto concedersi spazi di analisi.