Il nuovo regolamento degli agenti sportivi Fifa, che dovrebbe entrare in vigore entro l’anno, è ancora una bozza ma fa già discutere il mondo dello sport. Si tratta di una rivoluzione – e una restaurazione insieme – rispetto alla situazione vigente negli ultimi sette anni, a partire dalla deregulation del 2015; l’ultimo lascito della presidenza Blatter, prima che venisse indagato e poi sospeso dal Comitato etico. Guardandosi indietro viene da sorridere nel rileggere le intenzioni di quella riforma: limitazione al 3% della provvigione degli intermediari (leggasi agenti) e possibilità per questi di rappresentare più parti in una stessa negoziazione; foriera di clamorosi conflitti d’interessi.
La Fifa, infatti, ha deciso di tornare a un sistema di licenze rilasciate su scala mondiale a fronte del superamento di un esame specifico, privilegiando la professionalità e aprendo le porte alla rappresentanza degli allenatori, delle calciatrici e dei minori, ove consentito dagli ordinamenti delle singole federazioni e dei singoli stati. Il risultato è una bozza di regolamento che il governo del calcio mondiale sta predisponendo e definendo proprio a valle di incontri e confronti con le rappresentanze degli agenti, dei calciatori e di tutti gli stakeholder del football.
I tre pilastri di questa riforma sono: il tetto, quale limite massimo, ai compensi per gli agenti; l’obbligo per gli stessi di rappresentare un unico soggetto nel contesto della medesima trattativa; la creazione di una cosiddetta clearing house, una piattaforma digitale nella quale pubblicare, in ottica di trasparenza e tracciabilità, dati, informazioni, attività e pagamenti degli agenti. Pare chiaro come si voglia cancellare la figura degli