Siamo ancora fermi lì, al concetto di convenienza. A cosa convenga maggiormente e, sebbene il discorso non si possa sottovalutare, l’errore è nella prospettiva e la prospettiva è tutto. Nel merito: nella settimana della giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia (era martedì 17), quando alcune testate si sono colorate di un arcobaleno di facciata e proprio nel giorno in cui Jake Daniels, giovane attaccante del Blackpool, ha segnato il tempo con il primo coming out di un calciatore professionista nel pieno dell’attività, diverse analisi si sono concentrate sulla convenienza del gesto. Che è certo un tema, ma forse non è il modo per affrontare la situazione.
Perché la risposta, banalmente, è ancora no, ma quando si parla di sport – sport di squadra principalmente – e omosessualità (e di omosessualità in genere, perché lo sport non è un mondo a parte) a essere sbagliate sono le domande e i media, qui, hanno responsabilità enormi. E per questo, prima di entrare nello specifico, ha senso concentrarsi su quelle che, almeno in Italia, sono le domande, quelle attraverso le quali si costruisce il racconto. Non sono passate molte settimane da un’intervista di Sofia Goggia al Corriere della Sera (ne accennammo in Stielike) in cui la sciatrice rispose a una domanda che chiedeva se ci fossero omosessuali tra gli atleti. Domanda abbastanza inutile se posta in questi termini, considerando che statisticamente sarebbe assai improbabile non ce ne fossero. Sì, certo, e allora? Ebbene, Goggia inforcò.
E…