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E se la smettessimo di usare il termine “sportwashing”?

Non è un fenomeno nuovo, non è un'espressione scientifica, è fortemente etnocentrico: è ora di evitare di banalizzarlo

di Nicola Sbetti

L’imminente Mondiale in Qatar e l’assegnazione dei Giochi asiatici invernali del 2029 all’Arabia Saudita hanno di nuovo portato in auge un’espressione che, negli ultimi anni, sembra essere molto in voga: sportswashing. Sul sito di Amnesty International viene definita: «Una strategia usata da stati o governi che sfruttano lo sport per rendere moderna la propria immagine e far distogliere lo sguardo dalla pessima situazione dei diritti umani nel proprio paese. Può avvenire tramite l’acquisto di squadre sportive, organizzazione di eventi o sponsorizzazione degli stessi». Rebecca Vincent, l’attivista di Reporters sans frontières che ha coniato il termine, intervistata nel libro di Coluccia-Giustini Calcio di Stato, definisce sportswashing : «Utilizzare lo sport per ripulirsi l’immagine e distogliere l’attenzione da altri problemi ben più gravi, come la sistematica violazione dei diritti umani per ragioni politiche, religiose, etniche o di genere». Il Guardian ha ipotizzato che il 2022 possa essere l’anno dello “sportswashing” data la concomitanza temporale delle Olimpiadi invernali di Pechino, il Mondiale di calcio maschile in Qatar e l’attivismo in campo sportivo dell’Arabia Saudita.

Come tanti altri anglicismi, questo neologismo nel nostro paese ha avuto un immediato successo ed è stato adottato non soltanto dagli attivisti per i diritti umani, ma anche dai mass media e più in generale dai commentatori sportivi. Si tratta di un’espressione sicuramente affascinante ed efficace sul piano narrativo, che però rischia di banalizzare un fenomeno complesso come quello dell’uso politico dello sport in un contesto internazionale.

Innanzitutto, quello che oggi viene tacciato di essere sportswashing, non è un fenomeno nuovo. Esiste da quando lo sport si è strutturato in competizioni internazionali. Lo sport, del resto, è uno dei molteplici terreni di scontro della politica internazionale; un campo di battaglia pacifico ma non neutrale che viene politicizzato tanto dai regimi autoritari quanto dalle democrazie. Certo Adolf Hitler ha sfruttato le Olimpiadi di Berlino del 1936 per as…