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Messi 2030

Gli sportivi hanno dei doveri sociali e civili, oppure tutto gli è permesso in funzione dello spettacolo e del business di cui sono testimonial?

Lo scorso maggio Leo Messi, stella dell’Argentina e del Psg, ha firmato un contratto milionario per promuovere l’Arabia Saudita, niente che, come spesso accade, non si sapesse già. Arabia Saudita che sembra voler ripercorrere la strada battuta dal Qatar in quanto a soft power calcistico e sportwashing; un Paese che, purtroppo, non ha niente da invidiare al suo confinante in quanto a violazioni dei diritti umani, disparità di genere e un ruolo, storicamente, equivoco in Medio Oriente, con buona pace degli Stati Uniti che sono legati da decenni alla monarchia di Riad. Una monarchia, ricordiamolo, sulla quale pesa il grave e fondato sospetto di essere la mandante, nella figura del principe Mohammed bin Salman, del feroce assassinio del giornalista del Washington Post Jamal Khashoggi.

Ecco, c’è chi in questi giorni, ha scritto che i calciatori andrebbero tenuti fuori da tutte le questioni sociali e politiche, che il calcio ha inseguito i soldi dimenticando i tifosi e adesso non può pensare di fare marcia indietro, che combattendo gli ultrà ha perso per strada la propria anima, come se quest’ultimi avessero mai rappresentato una risorsa per il calcio, cercando invece più spesso di derubarlo. Noi riteniamo invece che, al di là del mantra che la neutralità dello sport non è mai esistita ed è sempre stata esibita solamente per interessi privati in atti pubblici, c’è una nuova generazione, anche di tifosi e di tifose, la quale pretende che anche lo sport sia sostenibile e non solo dal punto di vista ambientale, ma anche civile, sociale, economico e politico.

È troppo tardi? Come qualcun altro ha scritto?

Difficile dirlo, certamente la storia ci ha insegnato che nuovi diritti reclamano nuovi bisogni e nuove prese di posizione, ergo non è mai troppo tardi per combattere nuove ba…

Francesco Caremani
Aretino, giornalista, comunicatore in ordine sparso. Tutto è iniziato il 19 marzo del 1994 e un giorno finirà, ma non oggi. Il giornalismo come stile di vita, in un mestiere che ha perso lo stile per strada. Qui è direttore responsabile, ma solo per anzianità.