Tackle

L’ossessione per il controllo del pallone

È proprio nell’ossessione per il gioco perfetto la debolezza della squadra troppo organizzata. E forse, questa è stata la pecca di Luis Enrique e della sua Spagna

di Guglielmo De Feis

L’allenatore della Spagna Luis Enrique, prima del Mondiale, aveva pronunciato quello che può essere definito un autentico manifesto del suo pensiero calcistico e della maniera di giocare della sua nazionale: «Non ci sono dubbi che nei prossimi Mondiali noi saremo la Spagna, ovvero una nazionale che cercherà di dominare il gioco, di controllare il pallone e di produrre in campo più della squadra avversaria», queste le dichiarazioni del tecnico spagnolo. Sarebbe facile oggi – conoscendone il risultato finale negativo – infierire con le valutazioni sul Mondiale della Spagna. È però possibile, in ogni caso, esprimere delle considerazioni sui significati culturali di questa particolare interpretazione calcistica, tipicamente spagnola, da almeno quindici anni a questa parte.

L’ossessione per il controllo del pallone – considerato un oggetto da sottrarre all’arbitrio del fato e alla casualità della partita prima ancora che alla gestione dell’avversario – unita alla ricerca pignola e certosina del passaggio più facile da eseguire e completare, ha inevitabilmente portato la Spagna ad avere un gioco schematico e organizzato, ma proprio per questo prevedibile per – e leggibile da – ogni avversario.

In un calcio ormai iper tecnologico – e con l’accesso a ogni possibile tipo di informazione sul modo di giocare di ogni singolo calciatore avversario – è assolutamente evidente che un’organizzazione ossessiva della propria manovra calcistica possa paradossalmente diventare un limite.

La squadra affrontata, infatti, diventa un esercito nemico in possesso di accuratissime informazioni di intelligence, grazie alle quali poter determinare con precisione chirurgica sia la maniera di difendersi sia quella di attaccare.

Giocare con degli schemi ben conosciuti da…