Monografia

Ultrà, tra studio e colpevolizzazione

Scontri, repressione, filosofia, rapporti con politica, club e forze dell'ordine: cosa ci sfugge della sottocultura ultrà?

Il movimento ultrà italiano ha insegnato a tutto il mondo a tifare. In oltre cinquant’anni c’è una storia di ribellione e formazione giovanile poco studiata, soprattutto dai media che continuano a sbattere il ‘mostro’ in prima pagina senza approfondire. Dall’altra parte quelli che coccolano la claque di riferimento senza contradditorio. Gli ultrà fanno parte del calcio, rappresentano la cornice insostituibile dello spettacolo live e di quello televisivo, tra dinamiche e linguaggi che vengono pappagallescamente replicati senza capirli. Lì dove la politica prima è stata copiata e poi ha cercato di fare proselitismo. Per comprendere di più e meglio The SpoRt Light ha intervistato Sébastien Louis, dottore in Storia contemporanea ed esperto del tifo radicale in Europa e nel Nordafrica. Collaboratore di sportpeople.net, interviene regolarmente in conferenze internazionali, così come in pubblicazioni specializzate e sulla stampa. In qualità di esperto dell’argomento ha collaborato con diverse istituzioni come il MuCEM, l’Unesco e l’Istituto del Mondo Arabo. Tra gli esperti che lavorano alla mostra Ultras. Calcio e politica nel Mediterraneo al Museo del Mediterraneo di Stoccolma – Medelhavsmuseet –, è autore del libro Ultras. Gli altri protagonisti del calcio.

Calcio e ultrà qual è il legame superficiale e quale quello più profondo?
«Quello tra calcio e ultrà è un legame profondo. Il fenomeno è tipicamente italiano e nasce negli stadi tra il 1967 e il 1971, nel momento storico in cui la gioventù decise che era l’ora di fare la ‘rivoluzione’ in tutti i settori: economico, politico, sociale, ecc. In quel periodo cambia pure il modo di tifare. Nella contestazione generale, non è più soddisfatta dei club tradizionali e crea delle strutture solo per i tifosi più giovani, che rivoluzionano il modo di andare allo stadio. Vogliono tifare con grande intensità per i propri colori e si ritrovano in strutture giovanili, che, passo dopo passo, diventano gruppi ultrà. Se oggi i tifosi della Roma fanno 3.700 chilometri per andare in Norvegia o quelli del Milan 10mila per andare a Tokyo è perché c’è un amore forte che li lega a quei colori, al di là del risultato. Un esempio? A Chieti, quest’anno, sono andato a vedere una partita e c’erano 400 tifosi …

Francesco Caremani
Aretino, giornalista, comunicatore in ordine sparso. Tutto è iniziato il 19 marzo del 1994 e un giorno finirà, ma non oggi. Il giornalismo come stile di vita, in un mestiere che ha perso lo stile per strada. Qui è direttore responsabile, ma solo per anzianità.