Stielike

Razzisti, sì, e pure ipocriti

Ieri Lukaku, oggi Vlahovic, domani qualcun altro. La verità è che la questione non è vissuta come essenziale. Anzi...

Ieri era Lukaku, oggi è Vlahovic, domani chissà. L’unica certezza è che nuovi cori ed episodi razzisti arriveranno: nei grandi stadi o nelle piccole palestre, nei campi di periferia o nei palasport, anche laddove non ci sono telecamere. Arriveranno. Perché sì: siamo razzisti. E siamo pure terribilmente ipocriti quando lo neghiamo.

Possiamo dire che non lo siamo noi, non lo siete voi che ci leggete, perché il razzismo è abietto, abominevole, però che diamine: esiste, vive, lotta insieme a noi e si alimenta nella politica (seriamente: c’è un ministro che ha parlato di “sostituzione etnica”, non basta?), nell’ignoranza (per dire: non è che “slavo” significhi “zingaro”…) e persino nel politically correct (non è che dicendo “gitano” al posto di “zingaro”, in Rai, si utilizzano le parole giuste) che ridicolizza significanti e significati. Di curve e logiche da branco abbiamo scritto nell’ultima monografia qui, qui e qui

Lorenzo Longhi
Emiliano, ha esordito con il primo quotidiano italiano esclusivamente web nel 2001 e, da freelance, ha vestito (e smesso) casacche anche prestigiose. Di milioni di righe che ha scritto a tamburo battente gran parte è irrilevante. Il discorso cambia quando ha potuto concedersi spazi di analisi.