Monografia

Ma quale DNA?

Razzismo comportamentale, ideologico, pregiudiziale, istituzionale: nello sport e ai suoi margini la collezione è completa

I più attenti lettori di The SpoRt Light hanno già sentito parlare di Tangram, una rivista specializzata nello studio del razzismo in Svizzera, che più volte abbiamo utilizzato e citato tra le nostre fonti per la qualità delle analisi. Nel numero 41, di giugno 2018, si trova un’intervista di Samuel Jordan al professor Patrick Clastres, specialista di sport e olimpismo presso l’Università di Losanna. Un colloquio di grande spessore, del quale riportiamo una domanda e una risposta fondamentali per capire di cosa stiamo parlando. Attenzione: sono poche righe, ma lì dentro c’è tutto e, se rapportato all’Italia, ci apre un mondo a livello esegetico.

Vi sono diverse forme di razzismo: il razzismo comportamentale, il razzismo ideologico, il razzismo pregiudiziale e il razzismo istituzionale. A quale di queste categorie si avvicina di più il razzismo nello sport?

«Nello sport sono chiaramente presenti tutte e quattro le categorie. Il razzismo comportamentale è il più visibile in campo e sulle tribune. Il razzismo ideologico si ritrova negli slogan dei più radicalizzati degli hooligan. Il razzismo pregiudiziale si esprime per esempio negli stereotipi ancora largamente diffusi della maggior potenza e velocità degli atleti neri, dell’agilità e disciplina degli atleti asiatici e del senso tattico e della correttezza degli atleti bianchi. Tutti retaggio dell’epoca coloniale e dello schiavismo. Quanto al razzismo istituzionale, si riflette nell’assenza dei gruppi minoritari in seno agli organi dirigenti, come denunciava Edwards nel 1969. Tutte queste forme di raz…

Lorenzo Longhi
Emiliano, ha esordito con il primo quotidiano italiano esclusivamente web nel 2001 e, da freelance, ha vestito (e smesso) casacche anche prestigiose. Di milioni di righe che ha scritto a tamburo battente gran parte è irrilevante. Il discorso cambia quando ha potuto concedersi spazi di analisi.