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Razzisti, vil razza bastarda

Con buona pace di molti, l’Italia è un Paese razzista e lo sport, il calcio in particolare, uno dei tanti specchi deformanti che ci restituisce l’immagine che rifiutiamo di accettare

Cover image, credit by Wood Chess – Disadvantages

In sociologia e in giurisprudenza, l’intersezionalità (dall’inglese intersectionality) è un termine proposto nel 1989 dall’attivista e giurista statunitense Kimberlé Crenshaw per descrivere la sovrapposizione (o “intersezione”) di diverse identità sociali e le relative possibili particolari discriminazioni, oppressioni, o dominazioni. La teoria suggerisce ed esamina come varie categorie biologiche, sociali e culturali come il genere, l’etnia, la classe sociale, la disabilità, l’orientamento sessuale, la religione, la casta, l’età, la nazionalità, la specie e altri assi di identità interagiscano a molteplici livelli, spesso simultanei. La teoria propone che occorre pensare a ogni elemento o tratto di una persona come inestricabilmente unito a tutti gli altri elementi per poter comprendere completamente la sua identità. Questo quadro può essere utilizzato per comprendere in che modo l’ingiustizia sistematica e la disuguaglianza sociale avvengano, a partire da una base multidimensionale. L’intersezionalità afferma che le concettualizzazioni classiche dell’oppressione nella società – come il razzismo, il sessismo, l’abilismo, l’omofobia, la transfobia, la xenofobia e tutti i pregiudizi basati sull’intolleranza – non agiscono in modo indipendente, bensì che queste forme di esclusione sono interconnesse e creano un sistema di oppressione che rispecchia l’intersezione di molteplici forme di discriminazione. L’intersezionalità è un paradigma importante nell’ambito accademico, poiché espande i contesti di giustizia sociale o demografia, anche se, a sua volta, ostacola l’analisi includendo molteplici concettualizzazioni che spiegano il modo in cui si costruiscono le categorie sociali e la loro interazione per formare una gerarchia sociale. Per esempio, l’intersezionalità sostiene che non esiste alcuna esperienza singolare propria di un’identità. Anziché intendere la salute delle donne esclusivamente attraverso il genere, è necessario considerare altre categorie sociali, come la classe, la (dis)abilità, la nazionalità o l’etnia per comprendere completamente la gamma di problemi di salute delle donne. La teoria dell’intersezionalità suggerisce anche che quelle che appaiono come forme binarie di espressione e oppressione sono in realtà modellate da altre, reciprocamente co-costitutive (come nero/bianco, donna/uomo o omosessuale/eterosessuale). Pertanto, per comprendere la razzializzazione dei gruppi oppressi, occorre studiare i modi in cui le strutture, i processi sociali e le rappresentazioni sociali (o le idee coinvolte nella rappresentazione dei gruppi e dei membri dei gruppi nella società) sono formati dal genere, dalla classe, dalla sessualità, ecc. La teoria prese le mosse da un’esplorazione dell’oppressione delle donne nere nella società statunitense; oggi, l’analisi è potenzialmente applicabile a tutte le categorie, compresi gli status generalmente considerati dominanti o autonomi. La teoria di Kimberlè Crenshaw, però, è oggetto di critica da parte di diversi autori. Barbara Fowley sostiene, ad esempio, che, sebbene esistano forme di oppressione specifiche e ‘multiple’, queste vanno comprese e combattute solo in un’ottica di classe, categoria la quale non rappresenta un’identità come le altre, bensì una relazione sociale di sfruttamento.

Probabilmente è questo a cui pensava Daniele Doveri mentre rincorreva Dusan Vlahovic, il quale aveva appena segnato all’Atalanta dopo che per tutta la partita era stato apostrofato come «zingaro», in senso dispregiativo; perché quella parola in Italia ha e ha sempre avuto un’accezione negativa. O, forse, questa teoria è oggetto di studio di Gianluca Rocchi, responsabile e designatore della CAN di Serie A e B, visto che ha dichiarato: «Le indicazioni che abbiamo dato agli arbitri giovedì è che un calciatore oggetto di razzismo non venga ammonito. Massa in quell’occasione non sapeva del pregresso, dello stesso gesto che Lukaku aveva già fatto per esultare, e per questo il giallo era giusto: pensava che fosse provocatorio, ma non lo era. Abbiamo dato l’indicazione di fermare la gara per uno o due minuti per dare un segnale chiaro contro il razzismo: la nostra categoria lo combatte e non siamo incoerenti. Nel caso di Vlahovic è stato fatto di t…

Francesco Caremani
Aretino, giornalista, comunicatore in ordine sparso. Tutto è iniziato il 19 marzo del 1994 e un giorno finirà, ma non oggi. Il giornalismo come stile di vita, in un mestiere che ha perso lo stile per strada. Qui è direttore responsabile, ma solo per anzianità.