Tackle

Gioco artificiale, naturale e culturale

La cultura calcistica richiede, oggi, un calcio sempre meno naturale e istintivo, in cambio di uno iper tecnico e ultra tattico, ma ormai divenuto quasi artificiale

di Guglielmo De Feis

Ognuno, nella propria vita, deve saper prendere decisioni importanti a seconda delle circostanze che gli si presentano di fronte e non sempre è possibile essere preparati agli eventuali successivi effetti negativi. È ovvio che il problema sia ancor più grande quando queste conseguenze ricadono non solo sull’individuo che decide, ma sul collettivo che lui ha – in un dato momento rappresentato con la sua scelta. Negli sport di squadra esiste continuamente una doppia dicotomia: quella tra individuo e collettivo e quella tra tattica e improvvisazione. A quel punto ogni scelta – in qualunque momento della competizione – può diventare sia una forma di egoismo sia una disobbedienza agli ordini di squadra. È difficilissimo – nelle conseguenze negative di un errore o di una sconfitta – saper discernere tra oggettiva valutazione corretta o soggettiva decisione ingiusta.

Nella seconda stagione della serie televisiva Winning Time – dedicata agli straordinari successi dei Los Angeles Lakers degli anni ottanta – esiste una perfetta sintesi del dilemma tra strategia pianificata dall’allenatore e scelta sul campo del campione. 

L’obbligo inderogabile di giocare “il sistema” dell’allenatore (Paul Westhead) – definito “run and gun” ovvero “corri e spara” – risultò assolutamente inaccettabile per il fuoriclasse Magic Johnson che si vedeva costretto a sacrificare la sua straordinaria fantasia di gioco in uno schema meccanico, monotono e basico. In pratica il gioco molto naturale (corsa e tiro) della sua squadra era visto da Magic Johnson come una limitazione sia delle sue qualità individuali tecniche e di fantas…