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Ma ha fatto anche cose buone

Aurelio De Laurentiis ha preso il Napoli, fallito, in C1 nel 2004 fino a riportarlo in Champions e, infine, alla conquista dello storico, terzo, scudetto

Dalla mano di Dio a quella di De Laurentiis è stato un attimo. Il problema, poi, è quando pensi di poterti misurare con l’Altissimo. Un errore che Aurelio De Laurentiis ha fatto e sta facendo in questi ultimi mesi, da subito dopo la conquista dello storico, terzo, scudetto del Napoli. Dichiarazioni comprese – dal Frosinone fuori dalla Serie A all’idea di una Super Lega (!?) –, sembra ricalcare la parabola discendente di Andrea Agnelli. Entrambi hanno creduto di essere gli artefici unici di un progetto sportivo e manageriale, dimenticando il primo Giuntoli e il secondo Marotta, entrambi volevano, vogliono, cambiare il calcio, italiano ed europeo. La grande differenza sta nei conti, dove il produttore cinematografico ha fatto del Napoli un modello sostenibile e dove il sabaudo, invece, ha buttato tutto all’aria inseguendo la Champions League e altro.

In questi vent’anni ha messo in fila 10 allenatori, 5 trofei – tre coppe Italia, una Supercoppa Italiana e lo scudetto – e quasi 70 milioni di patrimonio netto positivo. Corrado Ferlaino, nel suo ventennio, ha messo insieme due scudetti, due coppe Italia, una Supercoppa Italiana (l’ultimo trofeo vinto dal Napoli nel 1990 prima di quelli di De Laurentiis), una coppa di Lega Italo-Inglese e una Coppa Uefa. Lui con Maradona, Aurelio con un gruppo, il primo grazie alla politica, l’ha scritto benissimo Massimiliano Gallo su rivistaundici.com, il secondo con lungimiranza imprenditoriale. Il primo facendo leva sulla napoletanità, il secondo mettendola in un angolo: Corrado capopopolo, Aurelio sopportato; anche per questo le sue vittorie hanno un peso specifico notevole.

Ventura, Donadoni e Gattuso, secondo gli analisti, gli errori di De Laurentiis in panchina. Di contro, Reja è stato l’allenatore della doppia promozione, dalla C1 alla A,

Francesco Caremani
Aretino, giornalista, comunicatore in ordine sparso. Tutto è iniziato il 19 marzo del 1994 e un giorno finirà, ma non oggi. Il giornalismo come stile di vita, in un mestiere che ha perso lo stile per strada. Qui è direttore responsabile, ma solo per anzianità.