Monografia

De Laurentiis, o del capitalista che pretende di avere sempre ragione

Imprenditore e non mecenate, furbo e non filantropo, assoluto e non autocritico, populista ma non popolano: perché De Laurentiis ci ha fregato tutti

Come e perché Aurelio De Laurentiis debba essere considerato un presidente vincente e, sotto certi aspetti, un esempio da seguire, lo spiega bene in questa monografia un altro articolo, quello scritto da Francesco Caremani, che per fortuna un’agiografia non è. Poi, però, siccome – soprattutto dopo lo scudetto – tutti sono corsi in soccorso del vincitore, in maniera molto italiana, ed esiste una letteratura di libri che lo esaltano, qui il pretesto dell’esonero di Rudi Garcia ci dà facilmente l’opportunità di discutere anche diversi aspetti negativi del regno napoletano dell’imprenditore sul Napoli e, principalmente, delle sue conseguenze sul calcio italiano. Perché il calcio, per De Laurentiis, è uno strumento.

Nel calcio è un imprenditore, non un mecenate, e questo non è affatto un male, però bisogna capirsi: gli atteggiamenti sono quelli, le logiche pure, la visione anche e ha davvero poco senso pensare che le sue scelte vadano oltre quello che è il suo interesse. Se poi, per eterogenesi dei fini, finiscono per essere anche positive per il sistema, tanto meglio. Ma, come vedremo anche nelle prossime righe, è fuori di dubbio che De Laurentiis abbia sempre ragionato così: chi pensa, del resto, che il suo investimento nel Napoli – e quello nel Bari; ne parleremo oltre – sia stato un atto d’amore è meglio che si ricreda, perché De Laurentiis sa bene di avere una scadenza e, prima o poi, il Napoli lo cederà, e lo cederà realizzando anche un ottimo guadagno perché – e di questo bisogna dargli atto – negli anni è stato capace di aumentare a dismisura il valore dell’impresa, e non solo in considerazione del valore di partenza, ma anche di rendere l’immagine del club più internazionale, facendolo d…

Lorenzo Longhi
Emiliano, ha esordito con il primo quotidiano italiano esclusivamente web nel 2001 e, da freelance, ha vestito (e smesso) casacche anche prestigiose. Di milioni di righe che ha scritto a tamburo battente gran parte è irrilevante. Il discorso cambia quando ha potuto concedersi spazi di analisi.